La condotta esclusa dall’art. 73, comma V, D.P.R. 309/90 deve essere motivata

La condotta esclusa dall’art. 73, comma V, D.P.R. 309/90 deve essere motivata
16 Novembre 2016: La condotta esclusa dall’art. 73, comma V, D.P.R. 309/90 deve essere motivata 16 Novembre 2016

In tema di reati concernenti gli stupefacenti, l’art. 73, comma V, D.P.R. 309/90 prevede una fattispecie autonoma, che è configurabile nelle ipotesi del cosiddetto piccolo spaccio, e si caratterizza per una complessiva, minore portata dell’attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con una ridotta circolazione di merce e di denaro, nonchè guadagni limitati. Questa fattispecie criminosa e che ricomprende anche la detenzione di una provvista per la vendita che, comunque, non sia superiore – tenendo conto del valore e della tipologia della sostanza stupefacente – a dosi conteggiate a “decine”. L’attuale qualificazione come reato autonomo impone la necessità che per la corretta qualificazione del fatto, venga accertato e motivato non solo il dato della detenzione illecita di stupefacente, ma anche gli ulteriori elementi che consentano di riportare tale circostanza di base nelle fattispecie previste dai commi 1 e 2 oppure dal comma 5 dell’art. 73 D.P.R. 309/90. (Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 45694/16) Sulla base di questa interpretazione, la Cassazione ha annullato l’ordinanza applicativa della misura di massimo rigore della misura della custodia cautelare in carcere che era stata  applicata per la detenzione di hashish diviso in 38 dosi per un peso complessivo di circa 45 grammi, ritenendo che le modalità della condotta indicassero lo stabile inserimento del ricorrente nel traffico di stupefacenti nella zona ove il fatto era accertato, “sede di una nota piazza di spaccio cittadino”. La Cassazione osservava infatti  che il solo dato della quantità di stupefacente considerato nell’ordinanza (quantità che, per come descritta, appare la provvista per la successiva rivendita e non è di per sé sola indice di maggiore disponibilità) sarebbe stato maggiormente indicativo proprio della sussistenza dell’ipotesi lieve, e che alcuna indicazione e valutazione degli elementi di fatto avrebbero dimostrato la circostanza ritenuta implicitamente determinante nella qualificazione giuridica del fatto. Se ne ricava che, il giudice deve specificare perché il fatto contestato non integri l’ipotesi di lieve entità, facendo riferimento esplicito a tutti gli elementi caratterizzanti l’ipotesi di reato più grave e motivando in merito a ciascuno ciascuno di essi.

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